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LA REDAZIONE | 02 luglio 2020 | 11.40

Un altro colpo ai decreti sicurezza!

Per i giudici della Consulta è incostituzionale il divieto di iscrizione all’anagrafe per i richiedenti asilo. Molti Sindaci, a partire da Leoluca Orlando, si erano già apposti!

 

Decreto sicurezza incostituzionale. Orlando "Palermo prima città a rifiutare di violare la Costituzione. Ora funzionari firmino atti di loro competenza"

 

"Siamo stati i primi, il 2 gennaio del 2019, ad annunciare che a Palermo non sarebbe stato applicato l'incostituzionale Decreto dell'eversivo ministro Salvini che negava l'iscrizione anagrafica ai richiedenti asilo.

Oggi la Corte Costituzionale conferma la correttezza del nostro operato, volto alla tutela di diritti di tutti e di ciascuno.

In questi mesi ho personalmente firmato centinaia di iscrizioni anagrafiche al termine delle regolari procedure di verifica e controllo, sollevando così i funzionari comunali da responsabilità ma anche da timori volgarmente alimentati da pezzi della politica nazionale e locale.

Ora quei funzionari potranno riprendere ad espletare le pratiche in piena tranquillità, mentre è stato stoppato il tentativo eversivo di negare alcuni principi cardine della nostra Costituzione.
Matteo Salvini come Ministro è per fortuna un brutto ricordo ma quei decreti sicurezza sono ancora un incubo che interroga e mette in mora la nuova maggioranza e il Governo Conte"

Lo ha dichiarato Leoluca Orlando, Sindaco di Palermo

 

***

 

Non solo non assicura un maggior controllo del territorio, ma crea una «irragionevole» disparità di trattamento verso i rifugiati, per i quali diventa più difficile avere accesso ad alcuni servizi. 

La Corte costituzionale interviene ancora una volta sui decreti sicurezza e ancora una volta lo fa per bocciare parti dei provvedimenti fiore all'occhiello di Matteo Salvini (nel 2019 aveva bocciato i super poteri ai prefetti). 

Oggetto della sentenza di ieri è il divieto per i richiedenti asilo di iscriversi all'anagrafe comunale previsto dal primo decreto sicurezza del 2018.

Contro la misura avevano fatto ricorso i Tribunali di Milano, Ancona e Salerno ritenendo che non ci fossero i requisiti di necessità e urgenza tali da giustificare il suo inserimento in un decreto, come previsto dall'articolo 77 della Costituzione. Ma anche perché vedevano nella norma introdotta da Salvini un contrasto con altri due articoli della Carta, il 2 e il 3, che garantiscono rispettivamente i diritti inviolabili dell'uomo e la pari dignità sociale e l'uguaglianza davanti alla legge dei cittadini.

Pur respingendo la prima parte del ricorso, relativa all'articolo 77 della Costituzione, i giudici hanno ritenuto il divieto incostituzionale perché in contrasto con l'articolo 3 della Costituzione, che prevede l'uguaglianza tra tutti i cittadini davanti alla legge «senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali»

Una norma che crea una «irragionevole disparità di trattamento» visto che rende più difficile per i rifugiati accedere a servizi come, ad esempio, la patente, la dichiarazione di inizio attività o l'Isee.

La decisione della Consulta arriva nel giorno in cui al Viminale si sarebbe dovuta tenere la terza riunione della maggioranza per modificare i decreti sicurezza, slittata al 14 luglio per impegni alla Camera di alcuni dei partecipanti. 

Nonostante il rinvio inevitabilmente la sentenza finirà col pesare nella riscrittura, ormai prossima, dei provvedimenti. Non a caso dalla Lega sono subito arrivate critiche alla sentenza: «Anche sui decreti sicurezza qualche giudice, come accade troppo spesso, decide di fare politica sostituendosi al parlamento», accusa Matteo Salvini. Unanime, invece, la soddisfazione espressa dalla maggioranza.

A partire dal M5S, che pure governava con la Lega quando i decreti sono stati approvati dal parlamento: «Il tempo è galantuomo», commenta il presidente della Commissione Affari Costituzionali della Camera, Giuseppe Brescia: «Nelle riunioni dell'allora maggioranza avevamo detto più volte alla Lega che l'abolizione della norma sull'iscrizione anagrafica sarebbe stata incostituzionale. Sordi e ottusi, sono andati avanti con minacce e ricatti, scambiando le leggi per spot».

Di «scelte propagandistiche volute da Salvini» parla anche il viceministro dell'Interno Matteo Mauri (Pd): «Se l'idea sbandierata era quella di ottenere più sicurezza - dice - in realtà si è ottenuto il contrario». Per Erasmo Palazzotto di LeU, invece, «non possiamo aspettare che la Corte costituzionale si sostituisca alla politica: occorre riscrivere le leggi sull'immigrazione al fine di costruire una sicurezza reale». Emma Bonino e Riccardo Magi di +Europa, infine, polemizzano con i 5 Stelle dicendosi «sorpresi» che tra coloro che oggi esprimono soddisfazione per la decisione della Consulta ci siano anche «coloro che votarono la conversione di quel decreto e che non lo hanno ancora modificato neppure dopo il cambio di esecutivo».

La palla adesso è di nuovo al Viminale, dove la maggioranza tornerà a riunirsi martedì prossimo. Dopo le osservazioni fatte a suo tempo dal presidente Mattarella, la sentenza della Consulta potrebbe adesso accelerare ulteriormente un processo di revisione che ha già percorso un buon tratto di strada, come ricordava ieri mattina la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese: «Arriveranno in tempi brevi modifiche che potrebbero andare oltre i rilievi del presidente Mattarella e riguardare i sistema di accoglienza e la protezione umanitari», ha spiegato la titolare del Viminale.

Leo Lancari

10 luglio 2020

Il Manifesto