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LA REDAZIONE | 09 giugno 2016 | 12.49

Pace a chilometri 0

Abdoul, Bilal e Usmal parlano agli studenti. Aviano, incontro conclusivo delle Giornate di impegno civile I ragazzi a tu per tu con i migranti ospitati nel comune

Hanno raccontato le loro storie ai ragazzi di prima e seconda media. Protagonisti di un incontro che ha toccato corde particolarmente sensibili e che più di qualcuno difficilmente dimenticherà, alcuni dei richiedenti asilo accolti ad Aviano. L'appuntamento è giunto a conclusione delle "Giornate di impegno civile", iniziativa promossa dall'amministrazione comunale di Aviano.

 

L'iniziativa è stata organizzata dal doposcuola avianese e dal gruppo di docenti che si occupa dell'insegnamento dell'italiano agli stranieri. A fare gli onori di casa l'assessore avianese alle politiche sociali e alla cultura, Alfonso Colombatti, il quale ha introdotto l'argomento al centro dell'incontro, ovvero "Pace a Km 0: storie di migranti". Agli animatori del doposcuola ha fatto seguito Emiliana Moro, presidente provinciale dell'Unicef, cui è spettato illustrare le ultime dinamiche migratorie. La parola è passata infine ai migranti, i quali hanno raccontato le loro storie. La maggior parte di coloro che si sono presentati all'appuntamento ha raggiunto l'Italia da Afghanistan o Pakistan, in auto, in treno e a piedi.

 

Abdoul, trentaduenne pakistano, ha fatto il viaggio nel bagagliaio di un'auto sino in Turchia, quindi a piedi sino in Italia. Due mesi di viaggio «molto difficile - ha detto - perché avevamo paura della polizia e degli animali selvatici». E' fuggito dal Pakistan «perché dopo il 2007 non c'è più stata la pace con i Telebani». Laadin, ventenne afghano, del suo paese ricorda «la guerra e i bombardamenti»: vorrebbe fermarsi in Italia una volta ottenuti i permessi. Storia particolare quella di Bilal, 41 anni, di Islamabad. Parla correntemente l'inglese perché era un autista all'Onu. Proprio il suo lavoro e la possibilità di entrare in una delle cosiddette "zone rosse" ha attirato l'attenzione dei Talebani, i quali lo volevano complice in un attentato. Lui ha rifiutato e si è imbarcato su un aereo verso la Libia e da lì, su una nave della speranza con 600 persone, è arrivato in Italia. Il barcone è andato alla deriva. «Se non arrivavano le navi - ha detto - saremo morti». Usmal, 19 anni, ha fatto un lungo tratto a piedi prima di arrivare in Italia, vorrebbe fermarsi, trovare lavoro e richiamare la sua famiglia. A raccontare la loro storia anche Assan e Alì, cugini pakistani, i quali hanno raggiunto l'Italia in auto e a piedi, e Ashrat, proveniente dall'Afghanistan.

Fonte: www.messaggeroveneto.glocal.it
8 giugno 2016